Solo i post-fascisti di
Alleanza Nazionale potevano esprimere il loro dissenso anti-Bassolino/Iervolino
in quel modo macabro. Solo loro potevano impiccare virtualmente i
corresponsabili dell’emergenza munnezza. Qualsiasi protesta sembrerebbe
legittima in una Regione così martorizzata. Questa va al di là di qualsiasi
forma di rabbia e disperazione. Non porta a niente di buono. Del resto, loro
fanno i liberali e si alleano con Berlusconi ma l’olio di ricino non l’hanno
mai rinnegato… [fonte]
Miope. Riportare una metodologia di protesta a ideologie politiche
significa strumentalizzare ciò che sta accadendo. Dire che chi impicca
manichini è fascista significa distrarre l’opinione dai reali contenuti del
dissenso popolare espresso. E questo lo dico io, comunista. Non metto in dubbio
la mano di AN dietro a certi gesti, ma questo non vuol dire proprio nulla,
dacché la coscienza di classe non si vende al supermercato, anche se i
napoletani che hanno commesso questo gesto lo vorrebbero tanto. Il popolo che
dissente è indicatore di democraticità, che ciò piaccia o meno. Accade che un
popolo, quello napoletano, è in balia e vittima di uno Stato assente, e la sua
unica possibilità di emergere in tutta questa (dis)informazione è quella di
esasperare la protesta. Persino i no-global non differiscono sotto questo punto
di vista: incendiano bandiere, sfasciano vetrine, solo perché questo,
oggigiorno, è l’unico modo per arrivare agli onori della cronaca. I media mainstream parlano solo di ciò che fa loro
comodo, questo è arcinoto. Si è arrivati, purtroppo, ad un assetto sociale in
cui chi alza la voce viene sentito, chi è pacato e ragiona quietamente viene
snobbato. Questo lo dico con profonda amarezza, s’intende, ma così è. Ora: da
quant’è che non si parlava più dell’emergenza rifiuti a Napoli? Da tre mesi?
Dall’ultimo rogo per le strade comunque. E il problema è stato forse risolto?
Poi si ridà fuoco alla spazzatura per strada, si impicca qualche fantoccio e -magia-
si ritorna a parlare della problematica questione dei rifiuti. Protestare
pacificamente è un metodo socialmente sorpassato (se si vuol essere uditi), e
questo non è colpa né dei napoletani di AN né dei no-global, ma di chi ha
ridotto la lotta e il dissenso a cortei con un inizio ed una fine, due megafoni
in mezzo, e tutta polizia intorno a sincerarsi che nessuno sgarri. Lo Stato non
ci sente, e noi alziamo la voce. Ciò che sta accadendo ora a Napoli è
profondamente democratico, sempre se per democrazia intendiamo ancora
‘partecipazione collettiva alla vita del Paese’. Il popolo non è asservito al
potere, il popolo è il potere. A Montecitorio questa cosa non va troppo giù, ma
non me ne sorprendo.
Emanuele
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ema e tizi il 6/1/2008 alle 22:53 | |